DISTURBI D'ANSIA
I Disturbi d’Ansia possono assumere varie forme, dalle più semplici alle più complesse e si possono distinguere a seconda delle strategie che la persona adotta per far fronte o per alleviare l’ansia e la paura.L’Ansia a livelli moderati è funzionale, serve a stimolarci, a motivarci, a renderci più reattivi; tutti proviamo un po’ d’ansia, ma chi soffre di un Disturbo d’Ansia come gli Attacchi di Panico, ne è paralizzato.Questo disturbo oltre a provocare sintomi fisici quali: palpitazioni, sudorazione, difficoltà a respirare, giramento di testa, tremori, può dar luogo a due tipi di pensiero catastrofico:
- Paura di Morire
- Paura di Impazzire o fare qualcosa di incontrollato.
Anche provare paura è naturale e utile, è quando la paura diventa eccessiva e non giustificata dalla situazione, che diviene patologica e disfunzionale.La Fobia, infatti, per definizione, è una paura estrema e sproporzionata rispetto qualcosa di non realmente pericoloso.La maggior parte dei soggetti che soffre di questi disturbi ricorre alle seguenti strategie:
- Evitamento o Controllo nelle situazioni ritenute “pericolose”
- Richiesta d’aiuto a chi gli sta vicino (es. familiari o amici)
Col tempo gli evitamenti, le fughe e le richieste d’aiuto si estendono sempre più, fino a tener impegnata tutta una rete di persone pronte al “soccorso”.Seppur con le migliori intenzioni, si viene, in tal modo a creare un circolo vizioso, che contribuirà a convincere la persona di non essere più in grado di farcela ad affrontare certe situazioni, per lo meno non da sola.La persona si trova, così intrappolata, in una gabbia che lei stessa ha contribuito a costruire giorno dopo giorno.In altri casi chi soffre di disturbi ansiosi cerca continuamente di ascoltare e controllare le proprie reazioni fisiologiche (es. battito cardiaco e respirazione) che essendo però funzioni spontanee, vengono proprio in tal modo alterate, spaventando sempre più la persona. Se questo meccanismo disfunzionale di interazione mente corpo non viene interrotto si giunge fino all’attacco di panico.
Come uscirne?
Esistono molte teorie, anche in netta contrapposizione tra loro, riguardo a come una patologia di tipo fobico - ansioso possa formarsi, e su come sia possibile risolverle.
Secondo la prospettiva Strategica i disordini fobici e più in generale i disturbi d’ansia appaiono come il prodotto di un complesso processo di retroazione tra il soggetto e la realtà circostante.Perpetuando nel tempo certi comportamenti, come gli evitamenti, le richieste di aiuto, i rituali oppure i controlli, si viene a creare una forma di “equilibrio” seppur si tratti di un equilibrio patologico.Ne consegue che per essere rotta, questo tipo di persistenza, richieda interventi in grado di cambiare, non solo le azioni, i comportamenti del soggetto, ma soprattutto la sua percezione nei confronti della realtà, costruendo una nuova e più funzionale modalità di rapportarsi al mondo.Oggi, a differenza di quanto solitamente si creda, questo cambiamento è possibile anche senza ricorrere ai farmaci o a lunghe e costose terapie.
ATTACCHI DI PANICO
Immaginate di essere soli, tranquilli, alla fermata dell’autobus. Di colpo, come l’imboscata di un acerrimo nemico, sentite la vostra mente sfuggirvi. Il cuore impazzito scalpita come uno stallone al galoppo. La gola riempita dall’aria come dalla piena di un fiume, soffoca. La testa come sul ciglio di un burrone oscilla di vertigine, immagini e suoni si mischiano e si confondono. La paura dilaga in voi come lava da un vulcano, vi avvolge, vi strangola, più cercate di allentare il cappio e più vi stringe e vi costringe, provate a controllarla ma è lei che controlla voi. Volete fuggire ma non si può fuggire da se stessi, dalle proprie sensazioni. State impazzendo, o forse è giunta la vostra ora. All’improvviso un angelo vi accarezza: “Ciao amore, scusami per il ritardo”. Quegli attimi di panico, come nuvole penetrate dal sole, svaniscono: è la quiete dopo la tempesta, ma il sudore che vi gela la pelle vi ricorda che non è stato solo un brutto sogno.
Benvenuti nel mondo del panico. Da adesso la paura di questo nemico dentro di voi vi accompagnerà come un’ombra sinistra, più cercherete di cancellarla più vi ci perderete dentro.
Purtroppo, molto spesso coloro che si rivolgono a degli specialisti, spesso a medici, si sentono rispondere con frasi del tipo:: “Non è niente, sei tu che ti costruisci tutto!” – “Non hai una malattia organica, è solo la tua paura!” – “Non hai niente, è tutto nella tua testa!” – Purtroppo tali affermazioni, sebbene seguano logiche popolari del senso comune, risultano di pessimo effetto poiché evitano di considerare che un male immaginario può essere peggiore di uno reale.
Il disturbo da attacchi di panico è ormai molto conosciuto all’interno della letteratura clinica, ma lo è di più all’interno della psicoterapia breve strategica, che ha fatto della sua cura il proprio cavallo di battaglia. I risultati sono ben noti, si parla di un successo pari all’ 87% dei casi risolti in meno di 7 sedute, con picchi del 93%.
Il meccanismo alla base di questo disturbo rappresenta uno dei tanti modi con i quali l’uomo evoluto manifesta la sua capacità di andare contro la natura, innescando una serie di reazioni a catena per paura di reazioni che sono tutt’altro che innaturali, al contrario sono utili alla sopravvivenza.
I ricercatori del National Institute of Mental Health, il centro all’avanguardia mondiale per lo studio dei fenomeni mentali, attraverso la visione tomografica durante un attacco di panico, giungono ad osservare come la paura attivi due livelli di informazione che entrano nell’organismo: uno diretto alla corteccia, uno direttamente al paleoencefalo .
Si crea così un paradosso psico-fisiologico poiché l’informazione che arriva al paleoencefalo attiva l’organismo che risponde immediatamente, il battito cardiaco aumenta, l’elettricità scorre più veloce, la respirazione si intensifica e si attiva il senso di reattività, nel frattempo che avviene tutto questo, l’informazione arriva anche alla corteccia.
Il cortocircuito che si crea, esplicitato nell’attacco di panico, è il risultato dello sforzo effettuato dalla mente razionale per controllare una reazione fisiologica sana attivatasi in risposta ad uno stimolo che genera paura. È come se l’organismo dimenticasse che è grazie a meccanismi come la paura e il dolore che l’essere umano è sopravvissuto nelle ere, meccanismi che permettono di valutare l’evitamento o il contrasto di situazioni di pericolo mortali.
L’effetto fisiologico è puramente costruito dal fatto che razionalmente ci si spaventa di una reazione naturale, avvenuta senza la mediazione della ragione; in altre parole l’attacco di panico è il risultato di un’interferenza inibitoria della coscienza su un processo evolutivamente protettivo.
Agendo sulle tentate soluzioni disfunzionali, la psicoterapia breve strategica mira alla rottura del rigido sistema percettivo - reattivo entro il quale la persona si invischia, liberando rapidamente e definitivamente dal disturbo attraverso l’utilizzo di specifici protocolli messi a punto in più di venti anni di esperienza clinica.
DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO
C’è chi vive la propria vita in un costante senso di agitazione, preoccupandosi per qualsiasi cosa, sia essa avvenuta nel passato, nel presente o nel futuro. Possono essere preoccupazioni riguardanti cose che sono avvenute e che non si riescono ad accettare, possono rivolgersi al presente e ai propri familiari o alle cose da fare, possono essere anche proiezioni di catastrofi future che turbano quotidianamente la serenità personale e che limitano le scelte delle persone più vicine, che si trovano costrette a rinunciare a delle opportunità per il “quieto vivere”. Spesso accade che le relazioni sociali siano vissute con un forte disagio dovuto a dei particolari tipi di credenza e che si abbia il timore di “diventare rossi” o che gli altri possano sentire i rumori che lo stomaco emette in risposta all’agitazione costante, trasformando il disturbo in una fobia sociale o in un disturbo di tipo paranoico.
È chiaro come questo disturbo sia estremamente invalidante e non di rado si riscontrano, in concomitanza con esso, delle reazioni di tipo psicosomatico. Le reazioni più comuni riguardano preoccupazioni per il proprio apparato gastrointestinale verso il quale si concentrano tutti i pensieri della giornata; queste si riversano direttamente sull’apparato stesso, creando un circolo vizioso per il quale più ci si preoccupa e più si sta male. Successivamente, gli episodi di dissenteria (diarrea), colite nervosa o mal di pancia si moltiplicano e subentra la paura di uscire per l’eventualità di non riuscire a trovare un bagno, vissuto come l’unica via di scampo ad un tragico destino; sovente si ricorre all’utilizzo di antidiarroici, antispastici o antispasmici e in alcuni casi, quando si realizza che il disturbo è di carattere psicologico, anche ansiolitici, con il risultato che si ingigantisce un problema di facile soluzione.
Quando non sussistono questi sintomi, in molte persone questo può solo essere un modo di vivere la vita, ma spesso lamentano uno stato di insoddisfazione al quale non sanno dare una motivazione ben precisa.
La psicoterapia breve strategica è fortemente indicata per questi tipi di disturbi, come per tutti i disturbi d’ansia, per i quali sono stati sviluppati specifici protocolli che hanno raggiunto un altissimo valore di efficacia ed efficienza.
FOBIE SOCIALI
È la paura di non sentirsi all’altezza in situazioni in cui sono presenti altre persone, spesso percepite come giudicanti la propria condizione, in special modo è la convinzione di essere “non interessanti”; a volte è presente un’eccessiva attenzione alla possibilità che gli altri si accorgano delle proprie reazioni fisiche, che si presentano immancabilmente proprio a causa della paura stessa o del tentativo di controllarla. Così la paura di arrossire, che le mani tremino e che lo stomaco inizi ad emettere strani rumori udibili dagli altri, generano le reazioni temute e instaurano dei comportamenti di tipo evitante, oppure, nel caso in cui rimanga la tendenza ad affrontare, si prendono precauzioni quali truccarsi eccessivamente il viso, evitare di prendere oggetti con le mani tremanti nascondendole il più possibile dalla vista degli altri, evitare di fare colazione per cercare di neutralizzare i rumori dello stomaco, fino ad evitare del tutto le relazioni sociali o comunque a viverle con particolare imbarazzo. L’attenzione, più che su di sé, è focalizzata sugli altri e sul fatto di poter essere giudicati deboli, ansiosi, “pazzi”, stupidi o asociali. La visione circolare, che caratterizza l’approccio strategico allo studio delle patologie umane, si rivela più che mai in questo tipo di disturbo, in cui ciò che più è temuto diviene realtà proprio come accade nel fenomeno della profezia che si autorealizza. Questo fenomeno, alla base anche dei disturbi paranoici, è stato introdotto dal sociologo americano Robert K. Merton nelle scienze sociali nel 1948 come “una supposizione o profezia che, per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l’avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità”. Merton trasse ispirazione dalla formulazione che un altro celebre sociologo americano, William Thomas, aveva dato di quello che è passato alla storia come il Teorema di Thomas che recita: “Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”.
Analogamente nelle relazioni sociali, se ci si aspetta che una persona sia fredda e scostante o socievole ed estroversa si tenderà ad assumere nell’interazione un atteggiamento che, con ogni probabilità, farà tendere la persona ad assumere tale modalità interattiva. Le aspettative influenzano anche la percezione di sé dei soggetti che ne sono bersaglio, con conseguenze che possono essere sia positive che negative.
Per questo, in un’ottica strategica, si tende ad evitare di parlare di fobia sociale, avvicinando questo disagio più ad un disturbo di tipo paranoico, che si trasforma in fobia a causa degli evitamenti.
I protocolli adottati dal modello strategico in questi casi prevedono semplici manovre con effetti spesso sbalorditivi riscontrabili già dopo la prima seduta
DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS
La caratteristica essenziale del Disturbo Post-traumatico da Stress è lo sviluppo di sintomi tipici che seguono l’esposizione ad un fattore traumatico estremo, ad un evento che comporta morte, lesioni o altre minacce alla propria integrità fisica o a quella di un’altra persona. Il trauma viene continuamente rivissuto e gli stimoli ad esso associati vengono generalmente evitati, generando fobie per oggetti, animali o situazioni che hanno a che fare con il trauma subìto.
Esempi di eventi traumatici possono essere combattimenti militari, aggressioni personali violente (violenza sessuale, attacco fisico, scippo, rapina), rapimenti, essere presi in ostaggio, attacchi terroristici, torture, esperienze di prigionia o di campi di concentramento, disastri naturali o provocati, gravi incidenti automobilistici, ricevere una diagnosi di malattie minacciose per la vita.
Spesso si lamentano ricordi ricorrenti e intrusivi dell’evento o sogni sgradevoli, fino al raggiungimento di veri e propri flashbacks che portano a stati dissociativi, durante i quali vengono rivissute parti dell’evento e la persona si comporta come se stesse vivendo l’evento in quel momento.
FOBIE SPECIFICHE
Quando la paura di affrontare è troppo forte, spesso si inizia ad evitare. È il caso delle fobie specifiche, le più comuni delle quali sono rivolte alla paura di avere a che fare con una specifica specie animale, o fobie per gli spazi aperti e le piazze, quelli chiusi come un ascensore, per l’autostrada o le gallerie, per il volo e l’aereo, il sangue e gli aghi o l’altezza. All’interno dei quadri clinici, il campo delle fobie è quello in cui la fantasia si è più sbizzarrita, si osservano infatti paure legate a oggetti e situazioni alquanto strambe quali quelle per un tipo specifico di immagine, per le onde del mare o per le nuvole, fino ad arrivare a quelle per il vomito, quelle legate alla paura di farsela addosso le gomme da masticare (chewingum), gli orologi a pendolo o per gli angoli.
Di solito chi soffre di questa patologia cerca di socializzarla con le persone che le stanno vicino, di organizzarsi in modo tale da raggiungere un obiettivo evitando lo stimolo ansiogeno, di prendere delle particolari precauzioni, fino a procurarsi quello che viene chiamato il “partner fobico”, una persona amica che conosce il problema e lo asseconda proponendosi sempre come colei al quale richiedere aiuto nel momento del bisogno. In verità tutte queste strategie, invece di risolvere il problema, lo alimentano e lo mantengono in vita creando un circolo vizioso in cui la persona rimane invischiata.
Anche in questo caso la psicoterapia breve strategica prevede una serie di manovre per cortocircuitare l’alimentazione del disturbo e ristrutturare la percezione degli stimoli togliendo loro il carattere ansiogeno.
DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (DOC)
Le ossessioni che si riscontrano con maggiore frequenza sono dei pensieri che riguardano la contaminazione tramite strette di mano (molto ricorrente nello scambio della pace alla messa domenicale), o nei casi più gravi addirittura solo tramite contatto oculare, oppure delle necessità di mantenere tutti gli oggetti in un certo ordine, fissazioni ossessive che costringono a compulsioni imbarazzanti (come per esempio la compulsione a fissare la zona degli organi genitali delle persone, a volte c’è anche la paura di averli toccati), ma soprattutto dubbi ripetitivi che portano i soggetti a domandarsi se hanno chiuso il gas, se si è lasciata la porta aperta, fino ad arrivare a pensare di aver causato incidenti mortali senza essersene resi conto. A volte sono presenti dubbi riguardo la possibilità di fare del male a qualcuno, la paura di uccidere, immagini intrusive riguardo la paura di strozzare o di soffocare qualcuno e la paura si trasforma nell’ossessione di poter essere capace di tali orribili atti: più si cerca di cacciare le immagini, più esse tornano. La persona che ha questi dubbi prova una forte ansia tale da poterla portare a creare dei rituali di controllo che, sebbene partano da pensieri razionali, perdono ogni tipo di ragionevolezza nella loro messa in atto. Ciò significa che si vengono a creare dei veri e propri rituali compulsivi alquanto bizzarri che hanno il ruolo di placare l’ansia creata dal dubbio tramite il controllo, come ad esempio controllare il rubinetto del gas un numero particolare di volte tornando indietro sui propri passi più e più volte, ripetere formule toccando ripetutamente dei punti particolari, fare dei movimenti precisi, manie di cancellare, di scrivere tutto quello che si legge, fino a giungere a compiere azioni che poco hanno a che vedere con il bisogno di risolvere il dubbio iniziale.
I rituali che servono a riparare ciò che si crede sia accaduto vengono chiamati “rituali riparatori” e possono essere numerabili (es. mi lavo le mani 3 volte perché mi sono contagiato) o a sensazione (mi lavo le mani un numero di volte variabile che basti a darmi la sensazione di essere al sicuro dal pericolo di essermi contagiato); gli stessi rituali possono essere anche utilizzati per prevenire qualche evento o situazione temuti (ad es. controllo fornelli e rubinetti per evitare perdite), in questo caso siamo di fronte a “rituali preventivi”, o possono essere attuati affinché si avveri qualcosa che si desidera, i “rituali propiziatori”. Il rituale può essere anche “magico” quando si esegue un rituale al quale si attribuisce il potere di influenzare l’andamento della realtà. Il contenuto dei rituali varia a seconda delle credenze dell’individuo e dell’idiosincrasia culturale, pertanto può essere “razionale”, come il lavarsi se si crede di essere sporchi, o più “magico”, come scongiuri per malocchi, e la loro messa in atto necessita talvolta di molto tempo.
La grande varietà dei contenuti ossessivi si può suddividere in compulsioni mentali, rassicurazioni, precauzioni e dubbi. Le compulsioni mentali sono dei rituali che non prevedono azioni, bensì pensieri strutturati in rituali quali preghiere, conteggi, ripetizioni mentali di parole fino ad arrivare a vere e proprie filastrocche da ripetere svariate volte per il terrore di aver tralasciato un verso o una parola e averne invalidato il potere magico. Talvolta consistono in parole da ripetere mentalmente in presenza di un particolare stimolo esterno o possono ricoprire anche il ruolo di stimolo ansiogeno da combattere con un altro rituale: siccome è venuta in mente una parola o un pensiero negativo, allora si inventano rituali per annullarne il potere maligno (creato in realtà dagli stessi rituali per combatterlo). Spesso consistono in conteggi di targhe di automobili, le quali poi vengono classificate in “buone” e “cattive” in base ai numeri e alle lettere presenti, fino ad espandere il potere al tipo di automobile, al modello o all’anno di immatricolazione.
Spesso capita di sentire i familiari degli ossessivi che si lamentano di continue domande poste loro dalle persone che soffrono di tale disturbo: “Ho toccato quella mensola, passando? Sono sporco dietro? Ho preso in mano quell’oggetto ieri? Come ho detto quella frase? Avrò utilizzato le parole giuste? Ho capito bene quello che ha detto? Ripetimelo!”. È il caso della richiesta di rassicurazioni. La richiesta di rassicurazioni è un’altra caratteristica dei disturbi di matrice ossessiva poiché, provenendo da un’altra persona che non si ritiene malata, la rassicurazione ha un potere doppio, finché non si inizia a dubitare della legittimità del ruolo o delle competenze di chi rassicura, nonché della sua buona fede. Ma la cosa più impressionante è che talvolta i familiari si vedono costretti ad assistere ai rituali per assicurarne la giusta condotta, diventando così una sorta di “partner ossessivi” e alimentando il mantenimento del sistema disfunzionale.
L’invischiamento di fobie, dubbi, impulsi aggressivi, pensieri magici, riti, rituali e compulsioni, fissazioni ossessive, in lotta con una volontà di cessare di averne, crea uno sdoppiamento di personalità che, se rafforzato dal potere degli psicofarmaci, si avvicina molto al mito del “disturbo di personalità multipla” che tanto fa discutere ma che nessuno sa descrivere in maniera precisa, il che spinge numerosi specialisti a diagnosticare una psicosi o un disturbo dell’umore, in genere di tipo bipolare. Lo sforzo della parte che combatte le ossessioni può essere paragonata alla condanna di Sisifo: spingere dalla base alla cima di un monte un masso che, ogni volta, rotola nuovamente al punto di partenza.
Il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo è la punta di diamante della psicoterapia breve strategica e il protocollo strutturato per questa patologia è stato esportato in tutto il mondo riscontrando risultati eccellenti anche in culture diverse dalla nostra.
DISMORFISMO CORPOREO
La caratteristica essenziale del Disturbo di Dismorfismo Corporeo (conosciuto storicamente come dismorfofobia) è la preoccupazione per un difetto nell’aspetto fisico, a volte realmente esistente ma decisamente sopravvalutato, a volte immaginario. Generalmente i presunti difetti si localizzano nel viso o nella testa e si identificano in capelli più o meno folti, acne, rughe, cicatrici, manifestazioni vascolari, pallore o rossore, sudorazione, asimmetrie o sproporzioni del viso, eccessiva peluria.
Altre preoccupazioni comuni riguardano la forma, le misure, o qualche altro aspetto di naso, occhi, palpebre, sopracciglia, orecchie, bocca, labbra, denti, mascella, mento, guance o testa. Tuttavia ogni altra parte del corpo può diventare motivo di preoccupazione (per es. i genitali, le mammelle, le natiche, l’addome, le braccia, le mani, i piedi, le gambe, i fianchi, le spalle, la colonna, regioni più estese del corpo o le misure corporee globali, o la corporatura e la massa muscolare). La preoccupazione può riguardare simultaneamente diverse parti del corpo.
Per quanto la lamentela sia spesso specifica (per es. le labbra “storte” o il naso “a patata”), altre volte è invece vaga (per es. la faccia “cascante”, oppure lo sguardo “sfuggente”). A causa dell’imbarazzo causato loro dalla preoccupazione o per altre ragioni, alcuni soggetti col Disturbo di Dismorfismo Corporeo evitano di descrivere i loro “difetti” in dettaglio, e tendono invece a parlare genericamente della loro bruttezza. Passano molte ore al giorno a pensare al loro “difetto”, al punto che questi pensieri possono dominare la loro vita. Sentimenti di consapevole vergogna per il proprio “difetto” possono portare all’evitamento delle situazioni di lavoro, scuola o di contatto sociale.
Possono esservi comportamenti esagerati di pulizia (per es. eccessi nel pettinarsi, nell’eliminazione dei peli, applicazioni ritualizzate di cosmetici, manipolazione della pelle) da non confondere con un disturbo ossessivo compulsivo vero e proprio. Sebbene l’intento usuale del controllo e della pulizia sia di diminuire l’ansia, essere rassicurati sul proprio aspetto o migliorare temporaneamente il proprio aspetto, questi comportamenti finiscono spesso per far aumentare la preoccupazione e l’ansia connessa. Di conseguenza alcuni soggetti evitano gli specchi, talora ricoprendoli o eliminandoli dall’ambiente. Altri alternano periodi di eccessivi controlli allo specchio a periodi di evitamento. Altri comportamenti che mirano a migliorare il “difetto” includono l’esercizio eccessivo (per es., sollevamento pesi), la dieta ed il cambiare frequentemente gli abiti, nonché richieste di rassicurazioni e veri e propri rituali che possono far evolvere il disturbo in uno di tipo ossessivo o ossessivo-compulsivo, fino a giungere ad un vero e proprio delirio e a pensieri paranoici riguardo il loro rapporto con gli altri con conseguente evitamento delle interazioni con il mondo.
Il disagio e le disfunzioni collegate al disturbo possono portare ad interventi chirurgici ripetuti, che si susseguono in una escalation che può portare anche a sfigurare il volto. Occasionalmente, i soggetti possono ricorrere a misure estreme (per es., l’auto chirurgia) per correggere i loro difetti percepiti.
Questi trattamenti possono causare peggioramento del disturbo, portando a preoccupazioni nuove o più intense, che a loro volta portano a ulteriori infruttuose procedure, cosicché l’individuo può ritrovarsi a possedere naso, orecchie, mammelle e natiche “sintetiche” e tuttavia esserne ancora insoddisfatto.
IPOCONDRIA
È la forte convinzione di avere una malattia o una serie di malattie, dedotta da un’osservazione capillare di presunti sintomi provenienti dal proprio corpo. Le persone afflitte da questo invalidante disturbo cercano instancabilmente di trovare delle spiegazioni su internet o si sottopongono a continui controlli specialistici e socializzano le loro preoccupazioni con le persone che gli stanno intorno. Questi tentativi di risoluzione del problema, sebbene sul momento riescano a diminuire l’ansia generata da tali credenze, risultano essere il trampolino di lancio per un maggiore ascolto di qualsiasi segnale del proprio corpo, puntualmente ritenuto “anomalo” e rivelatore di un morbo nascosto.
Spesso le preoccupazioni riguardano funzioni corporee come il battito cardiaco, o alterazioni della pelle come un neo dalla forma strana, sensazioni di dolore a particolari organi e in generale qualsiasi sintomo ascrivibile ad una particolare malattia. Specifici protocolli di trattamento sono stati adottati anche per questo particolare disturbo, che può essere trattato con la psicoterapia breve strategica e definitivamente risolto in tempi brevi.
Dr. Alberto Tarroni, psicologo e psicoterapeuta
specializzato in Terapia Breve Strategica.
Viale Bovini, 41, 48123 Ravenna,
Telefono:
3667236439
Terapia Strategica Breve - psicologo Ravenna
P.Iva 02535740399